La carie dentaria: la storia, le cause, i rimedi e i consigli

LA STORIA

Nota già nel periodo mesolitico (a metà dell’età della pietra, da 10.000 a 6.000 anni avanti Cristo) è tra le malattie più ricorrenti dei denti. Di tale condizione patologica sicuramente si dovette occupare in Egitto Hesi-Re, il primo dentista della storia del mondo, dato che tra i suoi pazienti figurava il faraone Amenophis. In origine attribuita alle ire degli dei, è stata descritta e studiata da molti clinici e ricercatori, da Ippocrate a Miller, fino ad arrivare all’attuale interesse della ricerca rivolto sia alla creazione di un imminente vaccino da spennellare sulla superficie dei denti, sia alla tecnologia laser.

LE CAUSE

La frequenza di questa forma patologica varia a seconda delle razze e delle epoche, fino a divenire, in tempi moderni, una sorta di prezzo biologico pagato dalla dentizione dei popoli più evoluti al benessere. Ciò in relazione al cambiamento delle abitudini alimentari che portano a preferire cibi raffinati e ricchi di zuccheri, dei quali i batteri sono particolarmente ghiotti. Alcuni batteri che abitualmente abitano nella nostra bocca, in assenza di nostri particolari accorgimenti alimentari e specifiche manovre di igiene orale, riescono a trasformare in meno di 30 minuti il glucosio e il saccarosio in un acido dannoso e corrosivo per lo smalto che ricopre tutta la parte esterna del dente. Al contrario, lo xilitolo, presente in nuovi chewing gum, sembra essere uno zucchero virtualmente non cariogeno. L’azione dell’acido provoca la demineralizzazione (perdita del componente minerale organico, il calcio) o la decalcificazione con conseguente disgregazione dei cristalli di apatite costituenti l’architettura dello smalto ed espone il tessuto dentale alla successiva e ulteriore azione dei batteri.

I RIMEDI

Durante questi importanti 30 minuti occorre realizzare una sorta di difesa all’attacco dell’acido e aiutare la saliva a “tamponare” la situazione prima di riportarla alla normalità, favorendo la rimineralizzazione dello smalto. Basterebbe soltanto sciacquarsi la bocca per ridurre il rischio; per eliminarlo, invece, bisogna lavare e spazzolare bene i denti con appositi spazzolini e dentifrici, nostri alleati in questa piccola battaglia quotidiana.

I CONSIGLI

L’ideale è imparare a utilizzare tutti gli strumenti messi a nostra disposizione per raggiungere una corretta igiene orale, come il collutorio, meglio se contenente fluoro, sostanza altamente protettiva per lo smalto.
Infatti, uno dei presidi validi per arginare la patogenicità della carie è la fluoroprofilassi,realizzata:
  • per via sistemica (assunzione di compresse al fluoro da parte delle donne gravide o dei bambini);
  • per via alimentare, aggiunto alle acque potabili (come avviene in molti stati europei), al sale da cucina e al latte;
  • per via topica, con prodotti specifici (gel, collutori, dentifrici).
Cosa accade se non si rimuovono i residui alimentari per giorni, mesi o addirittura anni? Si forma la placca batterica: una pellicola giallastra, inizialmente gelatinosa e molliccia, poi via via sempre più dura e compatta che contiene milioni di colonie di batteri, i quali, indisturbatamente, progrediscono nella loro opera di demolizione e di danno.
Alla fine, dunque, i batteri attraversano:
  • lo smalto che ricopre il dente, il tessuto più duro del corpo umano, formato da cristalli di calcio e fosfato;
  • la dentina, ulteriore strato protettivo di durezza simile a quella dell’osso;
  • la cavità interna, sede della polpa dentaria, tessuto molle, ricco di terminazioni nervose e capillari che assicurano la vita del dente.
Il viaggio termina con la definitiva e irreversibile distruzione di queste strutture nobili e come conseguenza si ha dapprima un forte dolore, poi l’ascesso dentario.
Occorre a questo punto il ricorso alle cure odontoiatriche consistenti in:
  • sedazione del dolore;
  • risoluzione del processo infettivo;
  • ricostruzione;
  • recupero o eventuale estrazione dell’elemento dentario.