Quali sono i pazienti che devono maggiormente prevenire?
STORIA:
La conoscenza di regole preventive oltre che l’opportunità di possedere e mostrare denti bianchi e sani, simbolo di forza nella specie animale e motivo di bellezza in quella umana, risulta già espressa dagli Ebrei nel Vecchio Testamento (1000 a.C.) dove, nel Cantico di Salomone (2:2), un uomo parla dei denti simili a fiocchi di lana della sua amata donna. Di certo, pur non praticando manovre odontoiatriche paragonabili a quelle attuali, essi raccomandavano cura ed attenzione per il patrimonio biologico dentario, consigliando anche l’uso quotidiano di vino e aceto per le gengive infiammate. Pioniere e propositore dell’impegno e dell’opera professionale di persone adeguatamente formate per mantenere la salute orale altrui è stato, già da quel periodo storico, il rabbino Yochanan, il quale sosteneva che la persona capace di rendere bianchi i denti degli altri è da considerare addirittura più importate rispetto a quella che dà il latte da bere. I concetti e i benefici delle attenzioni da riservare alla cura della bocca e dei denti costituivano, dunque, una sorta di consolidato convincimento degli antichi saggi, tanto che Celso (25 a.C.-50 d.C.), autore di uno dei più autorevoli trattati medici dell’antichità, propone una dettagliata descrizione delle manovre essenziali per effettuare una buona igiene orale: «… le macchie nere sui denti devono essere rimosse ed il dente và strofinato con una miscela di polvere di foglie di rose, gocce di quercia e mirra, infine la bocca và sciacquata con vino puro». Al pari del mondo occidentale, i popoli orientali hanno intuito l’opportunità di interessarsi della cura di denti e gengive. L’utilità della pratica di igiene orale, infatti, risulta essere stata ben compresa e conseguentemente divulgata e realizzata anche da autori islamici. Fu Abul Kasim, nato a Cordova nel 936, medico dell’emiro Hakam II, passato alla storia come Albucasis, che intuì, per primo, che il tartaro costituisce la causa principale della malattia parodontale.
Nel capitolo sul “Raschiamento dei denti”, uno dei tanti del trattato “Al Tasrif” (Il Metodo), descrive la tecnica di rimozione del tartaro stesso e indica gli strumenti adatti a tale scopo, molti dei quali di sua invenzione e realizzazione. Infatti, egli scrive: «talvolta sulla superficie dei denti, sia all’interno che all’esterno, come pure sotto le gengive, si depositano delle scaglie dall’aspetto non gradevole, di colore nero, verde o giallo; tali scaglie intaccano le gengive e di conseguenza i denti». Riferendosi poi agli operatori, suggerisce loro che «è necessario che il paziente poggi la testa sul vostro grembo e che tutte le incrostazioni vengano accuratamente rimosse; nel caso una non fosse sufficiente è necessario ripetere l’operazione sino a che non si ottiene il risultato desiderato». Anticipato fin da allora chiaro e ben codificato il moderno concetto di igiene professionale realizzata da personale capace, nel corso di adeguate sedute con tecniche efficaci e soddisfazione del paziente.